Sette personalità in sciopero della fame contro il regime di Ben Alì. Ma l’Onu non vede
Dal 18 ottobre scorso sette personalità tunisine del mondo della politica, del giornalismo e della difesa dei diritti umani hanno cominciato uno sciopero della fame a tempo indeterminato per chiedere quelle riforme che in Tunisia, da molti anni, la società civile si aspetta dal Presidente Ben Alì. Senza ottenere risposta.
Zouhair Yahyaoui
Perché il mondo ascolti.
I sette a digiuno sono Ahmed Nejib Chebbi, segretario generale del Partito Democratico Progressista, Hamma Hammami, portavoce del Partito Comunista degli Operai tunisini, Abderraouf Ayyadi, vice-presidente del Congresso per la Repubblica, Ayachi Hammami, presidente della sezioni di Tunisi della Lega Tunisina dei Diritti dell’Uomo, Lotfi Hajji, presidente del sindacato tunisino dei giornalisti, Mohammed Ennouri, presidente dell’Associazione Internazionale di Sostegno ai prigionieri politici e infine Mokhtar Yahyaoui, giudice e presidente del Centro tunisino per l’Indipendenza della Giustizia. Quest’ultimo è lo zio di Zouhair Yahyaoui, dissidente scomparso l’anno scorso, poco dopo la sua scarcerazione, a causa dei maltrattamenti subiti in carcere. Chiedono libertà di associazione, libertà di stampa e la liberazione dei prigionieri politici. “Un’operazione demagogica con l’intenzione di diffamare l’esecutivo”. Così ha definito l’iniziativa dei sette il governo tunisino, rifiutandosi di dare altre spiegazioni sulle accuse che vengono mosse. Ma le sette persone in sciopero della fame non sono le uniche che, in queste settimane, si battono per essere ascoltate.
ben ali all’assemblea delle nazioni unite
Le iniziative
Un gruppo di attivisti politici tunisini residenti in Europa ha lanciato il sito internet Yezzi che sostiene lo slogan ’’Ben Ali, Yezzi!’’ (in arabo Ben Alì basta!). L’iniziativa è molto semplice: i promotori invitano tutti coloro che desiderano esprimere il proprio dissenso nei confronti del regime del presidente Ben Ali a inviare al sito le proprie fotografie, nome e cognome assieme ad un messaggio in sostegno della libertà di espressione in Tunisia. Le email saranno poi pubblicate per inscenare una sorta di manifestazione pacifica online contro Ben Ali. Ma non finisce qui. L’agenzia di servizi radiofonici Amisnet e l’agenzia Lettera22 hanno lanciato un appello per la liberazione degli internauti di Zarzis, nove ragazzi tunisini condannati a una pena enorme per aver esercitato il loro diritto di navigazione sul web (19 anni in primo grado e 13 in appello). La loro colpa è di aver scaricato da siti sotto osservazione materiale considerato terroristico. Tutte queste iniziative, così differenti tra loro, hanno un unico obiettivo: il Wsis, il Summit Mondiale delle Nazioni Unite sulla Società dell’Informazione, che si terrà a Tunisi dal 16 al 18 novembre prossimi.
il logo del wsis
Scelta opinabile
I dissidenti, con le loro iniziative, puntano alla ribalta mondiale che il vertice offrirà agli oppositori di Ben Alì. In quella sede i sette in sciopero della fame chiederanno di essere ascoltati, le firme della petizione di Lettera 22 e di Amisnet saranno presentate agli organizzatori del vertice e Yezzi continuerà la sua iniziativa fino al 16 novembre. L’impegno è notevole, anche perché in Tunisia con i dissidenti non si va per il sottile. Gli attivisti rischiano la vita e lo fanno per lottare per il riconoscimento delle libertà fondamentali dell’uomo. Ma quello che lascia perplessi è la scelta di Tunisi come sede del Wsis.
Reporter sans Frontiere nel suo rapporto annuale sulla libertà di stampa colloca la Tunisia al 147° posto su 167. Il criterio, giusto per essere chiari, è che più si è vicini alla coda della classifica, più la situazione è grave. Questo rapporto non è arrivato al Palazzo di Vetro a New York, la sede delle Nazioni Unite. Infatti i vertici dell’Onu hanno scelto proprio Tunisi per il vertice sulla Società dell’Informazione. Magari non sono ben informati.
Christian Elia
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